Lavezzari Giulio Giuseppe

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Giulio Giuseppe Lavezzari

Giulio Giuseppe Lavezzari

Lavezzari Giulio Giuseppe di Costantino

Decorato con medaglia d’Argento al Valor Militare

Soldato volontario di guerra 35° reggimento fanteria, fanteria Brigata Pistoia, nato il 12 maggio 1849 a Vigevano, distretto militare di Pavia, morto il 19 luglio 1915 sul Podgora per ferite riportate in combattimento.

Motivazione della concessione:

Lavezzari Giulio, da Vigevano (Pavia), soldato reggimento fanteria, n° 17 A.G. matricola.

Fece parte, volontariamente, di un drappello, che compì, più volte, la distruzione di reticolati. Il giorno successivo fu tra i valorosi che ripetettero l’operazione, e, durante l’avanzata che seguì, fu sempre in prima linea, comportandosi coraggiosamente, finché cadde colpito a morte. – Podgora, 18 – 19 luglio 1915.

La notizia della morte

Corriere di Vigevano agosto 1915

Ai valorosi caduti per la Patria.
Tutti i giornali di Milano hanno parole di vivo rimpianto e di alta ammirazione per l’eroismo e imperturbabilità d’animo dimostrati da un vecchio garibaldino di 66 anni, tal Lavezzari Giulio Giuseppe fu Costantino e fu Ardito Maria, nato in Vigevano il 12 maggio 1849. Il Lavezzari era parente del nostro messo comunale Bernardo Ardito (Mouscon). In gioventù fu soldato nelle gloriose schiere garibaldine e del suo ardimento diede manifesti e chiari segni. Esercitava la professione di mâitre d’hotel, fece anche l’albergatore per proprio conto, ma non vi trovò amica la fortuna. Un mese fa chiese al nostro Municipio l’atto di nascita e la fedina criminale pel suo arruolamento nel R. Esercito. Venne senz’altro incorporato nel 35° fanteria di stanza a Bologna e partì per l’agognato fronte a chiudere nobilmente la sua esistenza, esempio luminoso agli italiani di eroico sacrifizio per l’avvenire d’Italia. Vigevano, ben a ragione altera di un tanto figlio, ne tramandi ai lontani nepoti irradiato di gloriosa luce il chiaro nome. – Onore al caduto!

Atto di nascita

Atto di nascita

Giulio Giuseppe Lavezzari nasce alle ore tre antimeridiane del 12 maggio 1849, nel distretto della parrocchia di San Cristoforo in Vigevano. Figlio di Costantino fu Giulio di professione calzettaio, e di Maria Ardito fu Giovanni di professione filatrice.

Storia della Città di Vigevano di Vittorio Ramella – Banca Popolare di Vigevano anno 1972

Il Primo Conflitto Mondiale

Lo sviluppo urbanistico ed industriale della città subisce nel 1914 un brusco arresto, mentre tutta la Nazione è chiamata a sostenere lo sforzo immane del primo conflitto mondiale. Vigevano partecipa direttamente a tale sforzo, sia offrendo i suoi figli alla causa comune sia mettendo le proprie attrezzature ospedaliere e lo spirito di sacrificio delle proprie donne a disposizione della fiumana di coloro che i treni ospedale convogliano dal fronte nella città della pianura padana. La Municipalità, sostenuta dall’intera cittadinanza, compie ogni sforzo finanziario possibile per alleviare le sofferenze dei feriti; le Crocerossine traducono in pratica tale sforzo con ammirevole abnegazione.

Il tributo di sangue pagato da Vigevano alla guerra è rilevante: oltre quattrocento sono i Caduti vigevanesi sui vari fronti. Fra tutti, e per tutti, vogliamo ricordare l’eroe nazionale Giulio Giuseppe Lavezzari il cui sacrificio offre a Vigevano una pagina di storia forse unica fra le tante memorabili della guerra 1915-1918. Testimonianza diretta su questa singolare figura di combattente ci è stata fornita dal vigevanese maestro in «ferro-battuto» Fernando Tondi il quale ebbe modo di conoscere Giulio Giuseppe Lavezzari casualmente, a Bologna, nei primi mesi di guerra. Il Tondi si trovava nella città emiliana in servizio di porta-ordini e per far ritorno al fronte dovette servirsi di una tradotta militare apprestata per portare in linea i fanti del 35° Fanteria che in quei giorni erano stati concentrati a Bologna. Entrato casualmente in una sala d’attesa della stazione, fu sorpreso nel vedere fra tanti giovani un fante dai capelli e dai baffi d’argento. Gli si avvicinò e gli chiese come mai, a quell’età, si trovasse in procinto di partire per la prima linea. A sua volta meravigliato, Lavezzari aprì sul petto la giubba grigio-verde e mostrando con orgoglio la camicia rossa che sotto indossava, rispose che un Garibaldino non può invecchiare se deve combattere per la Patria.

Giulio Giuseppe Lavezzari era nato a Vigevano 67 anni prima e crebbe nel clima saturo di entusiasmi della seconda guerra per l’indipendenza; vide e soffrì più volte l’invasione delle truppe austriache. Non dovendo rispondere ad obblighi di leva (in quanto Vigevano venne a trovarsi per diversi anni in una sorta di «terra di nessuno») volle tuttavia mettersi al servizio della idea unitaria e rispose all’appello lanciato da Garibaldi per la campagna del Trentino. Fu agli ordini di Riciotti Garibaldi; combatté nelle vittoriose giornate di Bezzecca e di Mentana; rimase ferito alla fronte da un colpo di baionetta austriaca. Conclusa la guerra, tornò a Vigevano per alcuni anni, poi il suo spirito irrequieto lo spinse ad emigrare. Si stabilì a Londra dove visse esercitando la professione di rivenditore di giocattoli.

Aveva 67 anni quando l’Italia entrò nel conflitto mondiale e si affrettò a rimpatriare per offrirsi volontario. Si presentò alla visita medica e fu dichiarato abile. Chiese di far parte di una formazione specializzata nel taglio dei reticolati. Raggiunse il fronte con i contingenti che furono impiegati nella prima grande battaglia: quella per la conquista del Podgora. Queste scarne notizie, che potrebbero essere riferite ad uno dei tanti fanti caduti nel fiore dell’età in quella battaglia, stupiscono se si considera che vanno attribuite ad un uomo sulla soglia della vecchiaia. Giulio Lavezzari (e le sue lettere dal fronte lo testimoniano) partecipò a ripetute azioni notturne per sgombrare dai reticolati la via verso il «Fortino di Podgora», quota risolutiva per tutta l’operazione in corso. Conclusa l’opera di «guastatore», mentre i reparti speciali raggiungevano le retrovie, chiese di rimanere in trincea e, quando venne l’ora dell’assalto si mescolò ai fanti e corse alla baionetta verso le posizioni nemiche.

Cadde sul bordo di una trincea austriaca e l’ultimo suo gesto fu quello di aprirsi sul petto la giubba grigio-verde, per mostrare ancora una volta la camicia garibaldina.

Nel sacrificio di Lavezzari i vigevanesi d’oggi contemplano e glorificano quello dei loro Caduti in tutte le guerre alle quali la città ha versato un generoso tributo di sangue e di eroismo.

Lavezzari Giulio

Lavezzari Giulio

Corriere di Vigevano n° 17 del 23 aprile 1916

La medaglia d’argento al garibaldino Lavezzari.

Il concittadino Giulio Lavezzari, che ha dato sì bella prova di amor patrio, venne decorato con medaglia d’argento per merito di guerra. Il Lavezzari, che contava 67 anni allo scoppio della guerra contro l’Austria, si arruolava volontario e sul Podgora, in atto di sfida contro l’odiato nemico, si slacciava la giubba grigio-verde e mostrava la rossa camicia del garibaldino.
Una pallottola lo colpiva in pieno petto e la sua morte gloriosa fu di incitamento alla lotta.
La ditta Vallardi di Milano ha fatto su tale glorioso episodio una riuscitissima ed artistica oleografia, che ogni buon vigevanese dovrebbe procurarsi. La Tribuna pubblicò tempo fa una bellissima ode, dedicandola al nostro eroico concittadino, ode che venne declamata da un valente artista, al Costanzi di Roma e di cui venne richiesto il bis fra entusiastici e fragorosi applausi.

Lavezzari da La Provincia Pavese del 1915

Lavezzari da La Provincia Pavese del 1915

Corriere di Vigevano n° 23 del 4 giugno 1916 Sonetti eroici

Lavezzari

Ti canterà la poesia, vegliardo

umile e ignoto dalla plebe assunto,

mentre delle trincee al baluardo

col tuo garibaldino impeto giunto,

-avanti! – gridi: e fulmini lo sguardo

sopra gli eterni barbari. In quel punto,

ebro di patria, il giovane lombardo

nel vecchio cuore si anelò defunto.

Ma la storia rammemori lo stento

che nelle vie d’Italia tu portavi

per la fede di un epico vangelo:

rammemori che, in mezzo a uno sfacelo

d’anime, avevi l’anima degli avi,

e pativi del tuo sogno irredento!

Alfredo Algardi

Dalla Provincia Pavese

 

LA CANZONE DI LAVEZZARI di Giulio Camber Barni

Il 24 maggio
La notte della guerra,
Giuseppe Garibaldi
uscì di sotto terra.

E andò da Lavezzari,
che si beveva il vino;
gli disse “Lavezzari,
vecchio garibaldino,

Lavezzari, vecchio fante,
è scoppiata un’altra guerra,
ma io non posso andarci:
perché sono sottoterra.

Camerata di Bezzecca,
mio vecchio portabandiera,
va’ te sul Podgora,
e porta la mia bandiera!”

E allora Lavezzari
Senza il becco di un quattrino
-non aveva che la camicia
e due soldi per il vino-

si prese la camicia,
dimenticò gli affanni,
e salì nella tradotta
come uno di vent’anni.

E il 19 luglio
arrivò sulla trincera,
si levò la giubba verde,
mostrò la sua bandiera.

E disse ai volontari
romagnoli e triestini:
“Avanti alla baionetta,
e fate i garibaldini!”

E in testa a tutti i fanti
uscì dalla trincera
con la camicia rossa
che era la sua bandiera.

E i fanti della Giulia,
di Romagna e del Trentino
lo seguirono all’assalto,
e occuparono il fortino.

Ma lui non era pago,
oltrepassò il fortino,
e mosse verso il Peuma
e il Monte Sabotino.

Quattro portaferiti,
passata la bufera,
uscirono per cercare
il suo corpo e la bandiera.

Finalmente con la luna
che uscì dal Sabotino,
essi videro, tra i massi,
il vecchio garibaldino.

Egli stava sull’attenti
davanti al Generale,
che gli appuntava al braccio
i galloni di caporale.

E i morti dell’Isonzo,
fanti, honved, graniciari,
presentavano le armi
al vecchio Lavezzari.
Garibaldi diè il piedarme,
lo baciò due volte in fronte,
poi spariron con la luna
che discese dietro il monte.

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Brano scritto per l’evento “Rivivi La Storia” organizzato dall’Educandato “Agli Angeli” di Verona in onore del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

https://www.youtube.com/watch?v=22yw7PPfANA

 

Corriere di Vigevano n. 18 del 29 aprile 1923

Il Comitato pro onoranze all’ eroico garibaldino e trincerista settantenne Giuseppe Giulio Lavezzari, di Vigevano, si è riunito una seconda volta la sera di Giovedì 26 corr., ad iniziativa del combattente F. Tondi per definire quale dovrà essere il programma della glorificazione, che si annunzia superba.

Pubblichiamo intanto una bellissima ode del poeta messinese Giuseppe Zucca, recitata per la prima volta dall’attore Ninchi al teatro Costanzi di Roma la sera del 15 Settembre 1915, nel genetliaco del Principe di Piemonte, e pubblicata in seguito dalla Tribuna Illustrata del 24 Ottobre dello stesso anno.

Ecco intanto la bellissima motivazione della medaglia d’argento al valor militare concessa all’ “Eroe con decreto 30 Aprile 1916 :

« Lavezzari Giulio da Vigevano (Pavia) soldato reggimento fanteria N. 17 A. O. matricola.

Fece parte, volontariamente, di un drappello, che compì, più volte, la distruzione di reticolati. Il giorno successivo fu tra i valorosi che protessero l’operazione, e, durante l’avanzata che seguì, fu sempre in prima linea, comportandosi coraggiosamente, finché cadde colpito a morte.

Podgora 18–19 Luglio 1915

Per l’eroico Giuseppe Giulio Lavezzari

Lavezzari! Canzone eroica ai bimbi d’Italia

Lavezzari ! Ricordatelo
sempre, o bimbi, questo nome!
Per passar che faccian gli anni,
sieno gioie, sieno affanni,
bimbi, non dimenticatelo!
 
Lavezzari! E quando, un giorno,
anche voi sarete grandi,
ogni bimbo da voi impari
questo nome : Lavezzari!
Rammentatevelo, un giorno!
 
Vecchio: più di settant’anni:
ma, negli occhi, gioventù!
Vecchio: bianco: tutto bianco;
forse, infermo; certo, stanco;
ma, nell’anima, vent’anni !
 
Si, vent’anni. Perché, quando
sonò l’ora della gloria,
e da noi, per ogni terra,
ruppe il grido << Guerra, guerra!>>
anche lui balzò, tremando.
 
— Colonnello, non badate
se son vecchio, se son bianco.
Tutte le campagne ho fatto
dell’italico riscatto;
qui, sul petto, le contate.
 
Ma, vi giuro, è ancora buona,
sta su ancora la carcassa.
Non temete: zaino e schioppo
non mi daran noia troppo;
né il cannone, quando tuona.
 
Perch’io son di quelli là:
si pativa e si cantava;
si correva un contro cento!
chi cadea, cadea contento
per la santa Libertà !
 
Colonnello, ve l’ho detto:
quando ancor si muore in campo,
è un gran misero destino
per un buon garibaldino
finir marcio nel suo letto.
 
Questo vecchio vi darà
certo un piccolo vantaggio:
che se lui si butta avanti,
non c’è diavoli né santi,
niuno addietro resterà! —
 
Grigioverde. Non si perde
Il buon seme, o legionario!
Non ritrovi i giorni andati?
non son gl’inni ch’ài cantati,
legionario in grigioverde?
 
— Giovinotti! Camerati!
Qua la man! Ci conosciamo!
Ma sì: tutti i fantaccini
oggi son garibaldini!
solo i panni son mutati!
 
Su una costa, in alto, c’era,
irta d’ogni apprestamento,
cementata, corazzata,
su una costa dirupata
c’era, incontro, una trincera.
 
Giorno e notte, notte e giorno,
sopra i nostri, in basso, fulmina
Sempre! à salve ininterrotte:
notte e giorno, giorno e notte:
è una grandine, lì intorno.
 
– Figli miei – tra rombi e schianti
dice calmo il capitano
– se non diam da fare in fretta
alla nostra baionetta,
qui ci ammazzan tutti quanti. —
 
Tromba, squilla! Su! Savoiaa!…
Sotto! Avanti… (quanti cascano!)
Forza! Avanti… (quanti cascano!)
Ci si arresta?… No! si dubita?…
No! Sì piega?… No! Si muoia!
 
– Ah perdio! Su ragazzini! –
Prima il vecchio Lavezzari
 
– Via! vediam chi primo arriva
lassù in cima e grida evviva !
o se il nonno o i nipotini ! —
Getta l’armi, giù il berretto,
e via, tutto ardente e bianco,
solo, avanti alla sua schiera,
corre addosso alla trincera…
corre… è sotto il parapetto !…
 
per prodigio ancora è ritto ..
e con furia e con affanno
tra il crosciar della mitraglia
ci s’aggrappa, s’attanaglia,
monta… Alfine è lassù, ritto.
 
Vocian dentro, le ciurmaglie.
E, lui, slaccia la sua giubba,
la spalanca d’una mossa…
ah la gran camicia rossa
tutta piena di medaglie !
 
Salve, Italia! Italia mia!
Salve, eterna Primavera
che nell’ore dei perigli
rifiorisci nei tuoi figli
tale un fior di Poesia !
 
– Qui, qui, cani ! qui mirate!
Non vedete ? Son senz’armi!
Fuoco! su! vedete, cani,
come muoion gli italiani!
Son qui sopra: mi mancate ?
 
Viva il Re! Viva l’Italia!
 
Cento colpi! Stramazzò
con le braccia aperte giù.
Ma li intorno – gloria, gloria: –
un grande urlo di vittoria
la sua morte salutò!
 
Lavezzari! Non scordatelo,
bimbi, il nome dell’eroe;
e rìditelo domani,
grandi, ai piccoli italiani!
Sempre, sempre rammendatelo!
 
Non in letto, in gran vecchiezza,
volle attendere la morte,
ma incontrarla, là, nel sole,
ricantando le parole
della bella giovinezza !
 
lassù dove, allegri e saldi
pe’ burroni, contro ai forti,
fra un tonar d’inni e cannoni
tu li guidi i battaglioni;
o risorto Garibaldi,
 
là, sull’Alpi, ove si sa
patir, tutti, oggi, cantando,
dove ogni uom ne vale cento,
e chi muor muore contento
per la santa Libertà!
  
GIUSEPPE ZUCCA

 

Araldo Lomellino n. 21 del 24 maggio 1923

Comitato Lavezzari

Onoranze a Giulio Giuseppe Lavezzari. — Ad onorare la memoria di Giulio Giuseppe Lavezzari, il Vigevanese garibaldino che aveva già combattuto a Bezzecca nel 1866, e che settantenne volle essere al fronte anche nell’ultima guerra cadendo eroicamente sul Podgora in atto di mostrare al nemico la giovanile camicia rossa, è sorto un Gomitato cittadino con adesione di tutte le Associazioni patriottiche. Per la circostanza il Comitato ha pubblicato un opportuno manifesto.

 

Lapide Piazza Lavezzari

Lapide Piazza Lavezzari

Araldo Lomellino 7 giugno 1923

Inaugurazione della lapide commemorativa a Giulio Lavezzari.

Alle 14 di domenica tutte le Associazioni cittadine erano alla stazione ferroviaria da dove mosse un corteo con i volontari di Guerra giunti da Milano.
Il corteo patriottico compì il giro della città e si portò alla nuova piazza Giulio Lavezzari dove tra gli inni si scoprì la lapide che ricorderà ai posteri il sacrificio compiuto dal vecchio garibaldino Vigevanese.
Il discorso ufficiale fu tenuto dal volontario di guerra Tenente Diotallevi. Indi il corteo si recò al teatro Cagnoni dove dagli alunni delle scuole elementari venne eseguito il coro del Nabucco e gli inni patriottici di bellissimo effetto e di cui va data lode agli egregi insegnanti.
Infine tutte le Associazioni si recarono in via Mercato, ora consacrata alla memoria di Cesare Battisti il martire trentino, dove il direttore del Corriere di Vigevano Vincenzo Crocè, con una sobria ma efficace allocuzione inaugurò la nuova via.

“ Un Garibaldino non può invecchiare se deve combattere per la Patria.”
(Giulio Giuseppe Lavezzari)

 Domenica del Corriere numero 25 del 20-27 giugno 1915

Capelli bianchi e cuori giovini

I veterani al campo
Mentre si compie la grande impresa di liberazione, mentre le nostre truppe avanzano con ardore senza pari, da tutte le parti d’Italia si levano voci di antichi combattenti di eroi dai capelli bianchi, che chiedono di offrire il loro braccio alla Patria. Se a questi vecchi gloriosi ancora reggono le forze, la loro domanda viene accettata ed essi partono per il fronte allegri come soldati di vent’anni.
Pubblichiamo qui i ritratti di tre veterani il cui arruolamento è stato già accettato. Il primo volontario è Edoardo Yäger di Venezia.

Edoardo Yäger

Edoardo Yäger

Ha settantadue anni ed ora trovasi già al fronte col grado di sergente. Durante il viaggio per recarsi al campo, il vecchio soldato venne ovunque festeggiato.

Giovanni Tamiotti

Giovanni Tamiotti

E’ pure partito il caporale Giovanni Tamiotti, di Rossa (Valsesia) nato nel 1831. Ha fatto la campagna del 48-49. Benché abbia 84 anni è di aspetto floridissimo. E’ buon alpinista. Appena scoppiata la guerra contro l’Austria egli immediatamente si recò al distretto di Novara per essere arruolato volontario. Accompagnato dall’unica sua figlia, il Tamiotti, la notte della partenza fece oltre dieci chilometri a piedi, per prendere il primo treno in partenza da Varallo, e applauditissimo partiva per il fronte a raggiungere la sua compagnia. Mentre partiva gridò: << Ho incominciato la guerra per l’Indipendenza, ora la voglio finire. Viva il Re, viva l’Italia!>>.

Giovanni Battista Donegà

Giovanni Battista Donegà

L’ultimo della triade è Giovanni Battista Donega, da Adria, ove è nato nel 1851 e residente a Lecco da circa quindici anni.
Partecipò giovanissimo alla campagna del 1866 nel Trentino, distinguendosi a Bezzecca. Nel 1870 trovavasi con le truppe italiane che entrarono in Roma. Ora si è arruolato volontario e la sua fibra robustissima ancora ed il suo ardore giovanile gli consentono infatti di sopportare le dure fatiche della guerra. Fra giorni raggiungerà sul fronte il reggimento al quale è stato assegnato.

Donegà Giovanni Battista di Carlo
Soldato 128° reggimento fanteria, nato il 17 aprile 1851 ad Adria, distretto militare di Rovigo, morto il 29 ottobre 1915 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento.