1° maggio 2016…. Tutti i diritti riservati: è vietata la riproduzione, anche parziale, dei contenuti (compresi files in pdf) e foto del sito senza l’autorizzazione esplicita del proprietario: Valter Marchetto.
Ricerca storica a cura di Valter Marchetto e Massimo Peloia, tutti i documenti riprodotti appartengono all’Archivio Storico del Comune di Mortara.
Assai rilevante per la città fu il tributo in vite umane pagato dai mortaresi durante l’offensiva austriaca del Trentino, dal 15 maggio al 15 giugno 1916, chiamata Strafexpedition o Spedizione Punitiva.
Durante tutto il 1916 Mortara ha avuto 50 morti al fronte, di cui il 28% (ben 14) venne a mancare nei mesi di maggio e giugno a causa dell’offensiva scatenata dalle forze austriache:
Aimetti Luigi di Pasquale e Bocca Delfina
Arlenghi Giuseppe di Luigi e Bianchi Rosa (disperso il 3-6-1916 sull’Altopiano di Asiago)
Bellone (nome corretto Belloni) Biagio di Giovanni e Piantanida Maria
Bertola Gaudenzio di Francesco e Buscaglia Giovanna
Ceriana Giuseppe Battista di Giuseppe Pietro e di Pozzi Maria
Civaroli Angelo di Giovanni e di Omodeo Zorini Clara
Collimedaglia Ermanno Alfredo di Pietro e di Milani Catterina
Diotti Giuseppe Alessandro di Francesco e di Barba Maddalena
Farassino Luigi di Natale e di Zaino Rosalinda
Marchese Natale di Luigi e di Sisti Margherita
Morisi Ettore di Luigi e di Berdogone Catterina
Rosa Giuseppe Santino di Domenico e di Invernizzi Maria
Salvaneschi Aldo di Celestino e di Rizzoli Luigia
Stanglino Carlo di Lorenzo e di Molina Giovanna
Al sindaco Maggioni arrivarono numerose comunicazioni che segnalavano la dispersione di militari nei vari combattimenti.
Verificando i documenti custoditi nell’Archivio Storico del Comune di Mortara sono stati ritrovati in un faldone i telegrammi provenienti dalla Croce Rossa Italiana e dai depositi dei reggimenti. Le comunicazioni di dispersione provenienti dai depositi riportanti la nota “dubitasi sia prigioniero”, vengono poi tutte confermate dal telegramma ufficiale della Commissione dei Prigionieri di Guerra Croce Rossa Italiana.
Una volta riordinato e trascritto il loro contenuto sono emersi dati significativi che ci fanno comprendere il motivo della cattura di questo gran numero di soldati.
Tutte le comunicazioni di prigionia conservate nel faldone dell’anno 1916 si riferiscono a 29 militari, che dopo la cattura sono stati suddivisi in due campi di concentramento.
A Mauthausen ne furono internati 14:
Caresana Attilio di Primo Pietro, zappatore 202° reggimento fanteria, prigioniero dal 23 maggio 1916
Cesa Giuseppe di Carlo, reggimento cavalleggeri guide (19)
Davalle Luigi, soldato 155° reggimento fanteria
Ferraris Attilio di Giovanni, soldato 155° reggimento fanteria
Grisotti Emilio di Zefferino, soldato 1° reggimento genio, caduto prigioniero il 31 luglio 1916 nel fatto d’armi di Roccione
Grizia Luigi, sergente 11° reggimento fanteria, 9ª compagnia, prigioniero dal novembre 1915 a Mauthausen Bei Linz
Locca Carlo di Francesco, soldato 89° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Lunati Luigi di Carlo, soldato 155° reggimento fanteria
Mazzini Natale di Siro, soldato 155° reggimento fanteria
Moccichini Luigi di Carlo, soldato 90° reggimento fanteria, prigioniero dal 20 maggio 1916
Picco Giovanni di Domenico, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Rambaldi Enrico di Giovanni, caporale maggiore 37° reggimento fanteria
Ranzini Giovanni, soldato 158° reggimento fanteria
Traversi Pietro di Giovanni, soldato 116° reggimento fanteria, prigioniero dal 1° aprile 1916
I rimanenti 15 furono inviati a Sigmundsherberg:
Bellazzi Gaudenzio di Giuseppe, sergente magg. 89° reggimento fanteria, prigioniero dal 14 settembre 1916
Brianza Lorenzo di Vittorio, soldato 205° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Caprino Domenico di Giovanni, sergente 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 25 maggio 1916
Coldesina Luigi di Pietro, caporale 155° reggimento fanteria
Galli Gaudenzio di Pietro, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 25 maggio 1916
Mangioni Carlo di Luigi, caporale 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 24 maggio 1916
Marchetti Giovanni di Giuseppe, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Noè Pietro di Carlo, soldato 6° reggimento bersaglieri, prigioniero dal 25 maggio 1916
Pisaia Sante di Luigi, soldato 74° reggimento fanteria, prigioniero dal 25 maggio 1916
Poggi Secondo di Giovanni, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Rampi Eugenio di Pietro, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Rubini Giuseppe di Agostino, soldato 153° reggimento fanteria, prigioniero dal 21 maggio 1916
Silva Luigi di Pietro, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 25 maggio 1916
Tosco Agostino di Alessandro, soldato 155° reggimento fanteria, prigioniero dal 24 maggio 1916
Valè Serafino di Pietro, caporale maggiore 89° reggimento fanteria, prigioniero dal 20 maggio 1916
Sui telegrammi dei 29 soldati per sei di essi non viene riportata la data di cattura, ma risultano appartenere allo stesso reggimento. Altri quattro militari sono inquadrati in reggimenti diversi e internati in date differenti a partire dal novembre 1915 al settembre 1916.
Il dato più importante è l’arco temporale della cattura, che si riparte in cinque giorni, dal 20 al 25 maggio 1916.
Nel diario tenuto dalla brigata Alessandria (155° e 156° reggimento fanteria) si riporta che la costituzione dei reggimenti avvenne in due fasi: il 1° marzo 1915 per il comando di brigata ed il 155°, per i quali furono utilizzati i militari del deposito del 37° reggimento fanteria. La data di costituzione del 156° è il 26 marzo 1915 per il quale fu utilizzato il deposito dell’89° fanteria brigata Salerno. Le comunicazioni di dispersione a seguito del fatto d’armi riportanti le date tra il 20 e il 25 maggio provengono dai rispettivi depositi e non dal reggimento di appartenenza. Questo fa supporre che i militari appartenenti ai depositi dei reggimenti di fanteria 37°, 89° e 90° fossero senza dubbio dei rincalzi appena giunti in zona di guerra ed inglobati nel 155°.
La brigata Alessandria e l’offensiva austriaca del Trentino
Tra il 15 maggio e il 15 giugno 1916 lo Stato Maggiore austro-ungarico scatenò l’offensiva del Trentino, con obbiettivo lo sbocco nella pianura veneta e la sconfitta dell’Esercito Italiano. Il Comando Supremo, nel tentativo di contrastare l’avanzata nemica, richiamò da altri fronti numerose truppe, tra le quali anche i reggimenti 155° e 156° della Brigata Alessandria. Nel pomeriggio del 19 maggio, pochi giorni dopo l’inizio dell’offensiva austriaca, giunse per i due reggimenti l’ordine di trasferimento: da Palmanova i soldati vennero caricati in tutta fretta su una colonna di 400 autocarri che raggiunse Tavernelle (Vicenza). A Castelfranco i camion furono deviati in direzione di Breganze e giunsero il 20 maggio a Asiago e Osteria del Ghèrtele. I soldati, storditi dal lungo viaggio, occuparono il settore tra Porta Manazzo e Osteria del Termine, alle dipendenze della 34ª Divisione. “21 maggio, questa notte furono inviate ancora altre compagnie della Brigata Alessandria. Ma a che giovano, in un fronte così esteso, in un tormento di fuoco, queste povere truppe che arrivano a spizzico?” così scrive nel suo Diario di un imboscato il Ten. Attilio Frescura e anche la Relazione Ufficiale Italiana lo conferma quando riporta che l’impiego della Brigata Alessandria è un esempio tipico di rinforzi inviati in linea con la fretta di una necessità incalzante, che non consente forse di considerare in che condizioni i reparti si presenteranno al combattimento, e quindi quale contributo potranno dare e a quale prezzo. Si può comprendere lo stato fisico e morale dei soldati della Brigata Alessandria dalle parole del Magg. Marchetti: “Non dimenticherò mai lo stato pietoso in cui giungevano le truppe che affluivano dal fronte veneto – orientale. Si vedeva da lontano una lunga scia di polvere, si udiva un cupo rumore di centinaia di autocarri che, arrivati, si serravano uno addosso all’altro. Ne discendevano non uomini, ma mugnai, tanto erano bianchi di polvere, sporchi, accecati, assetati fino allo spasimo, stanchi e con le ossa rotte. Acqua, acqua, gridavano e la popolazione faceva di tutto per accontentarli. Un rancio freddo di viveri e di riserva e poi via di nuovo per l’aspra salita dalla piana al monte e là mandati subito al fuoco in terreno sconosciuto, senza sapere quale obiettivo dovevano raggiungere, senza nessuna preparazione spirituale, in condizioni deplorevoli, e questo, sia per le truppe che per gli ufficiali. Ho veduto, tra l’altro, arrivare in tal guisa uno scaglione della brigata Alessandria proveniente in camion da Palmanova in una sola tappa..”. La brigata, impiegata in condizioni difficilissime, subì gravi perdite e il giorno successivo, 21 maggio, dovette ripiegare, ridotta a soli 21 ufficiali e 1100 uomini. Il 23 maggio giunse l’ordine di riprendere cima Portule, ma l’attacco dei fanti dell’Alessandria venne respinto e i superstiti si disposero a difesa di cima Meatta, insieme ai bersaglieri ciclisti del IV reggimento, che presidiavano il Cucco e alla Brigata Lombardia, che difendeva il tratto Monte Cucco – Cima dell’Arsenale. Alla sera del 25 maggio anche il monte Meatta fu conquistato dal 73° Reggimento I.R. Al termine dei combattimenti, la Brigata Alessandria era stata praticamente annientata, perdendo la quasi totalità dei suoi effettivi: oltre 5000, tra soldati e ufficiali, presero la via dei campi di prigionia.
Le innumerevoli comunicazioni che via via si susseguivano a seguito dei vari fatti d’arme dal fronte ai paesi d’origine dei militari, a volte come nel caso del soldato zappatore Caresana Attilio, prima di avere conferma dell’avvenuta cattura potevano generare forti dubbi sulla sorte del malcapitato. Il Comando del 23° fanteria comunica e nello stesso tempo richiede alla famiglia notizie del militare scomparso in combattimento, segno che anche ai depositi giungevano notizie frammentarie dai reggimenti.
Con data 24 settembre veniva notificato al sindaco di Mortara il seguente telegramma di Stato del Ministero della guerra.
23° reggimento fanteria Comando Deposito
Al Sig. Sindaco di Mortara (Pavia)
24 settembre 1916
N° 6808di prot.
Pregasi informare coi dovuti riguardi la famiglia dello zappatore Caresana Attilio di Primo Pietro e di Vasori Maria, nato in codesto Comune il 10 dicembre 1896, incorporato nel 202° fanteria, ch’egli risulta disperso in combattimento il 23 maggio 1916.
Si attende conferma della fatta partecipazione.
Qualora la famiglia abbia altre notizie del proprio congiunto pregasi comunicarle con cortese sollecitudine onde evitare che si rilasci dichiarazione d’irreperibilità.
Il Ten. Colonnello
Comandante il deposito
Maffizzoli
Il sindaco risponde al Comando del 23° fanteria che la famiglia è già stata informata della detenzione del figlio nel campo di concentramento di Mauthausen.
Per Picco Giovanni abbiamo una comunicazione in data 8 giugno proveniente dalla C.R.I. Commissione dei Prigionieri di Guerra in cui si comunica che dalle liste ufficiali trasmesse dalle Autorità austriache il Picco non risulta prigioniero.
In data 13 giugno una comunicazione dell’Ufficio Notizie di Pavia avverte che secondo una cartolina proveniente dal colonnello comandante il reggimento il Picco risulta disperso dal 25 maggio e che lo stesso Ufficio Notizie lo ritiene prigioniero.
Successivamente in data 16 giugno il Comando Deposito del 37° fanteria comunica l’avvenuta dispersione nel fatto d’armi del 21 maggio accennando che dubitasi sia prigioniero.
Un ulteriore telegramma della Commissione Prigionieri di Guerra informa che il Picco risulta internato a Mauthausen.
Identica procedura per il soldato Poggi Secondo di Giovanni del 155° fanteria, 5ª compagnia, internato a Sigmundsherberg. Sempre in data 8 giugno una comunicazione proveniente dalla C.R.I. Commissione dei Prigionieri di Guerra in cui si comunica che dalle liste ufficiali trasmesse dalle Autorità austriache il Poggi Secondo non risulta prigioniero.
Il 15 giugno l’Ufficio Notizie Sezione di Alessandria comunica la dispersione del soldato Poggi.
16 giugno comunicazione del Comando Deposito del 37° fanteria che comunica l’avvenuta dispersione nel fatto d’armi del 21 maggio, accennando che dubitasi sia prigioniero.
In data 28 settembre il telegramma che annuncia la detenzione nel campo di concentramento di Sigmundsherberg.